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lunedì 7 marzo 2016

LE DONNE NELLA CULTURA MERIDIONALE: LE TARANTATE E LE BRIGANTESSE.

In secoli di oppressione, subordinazione, obbedienza, le donne hanno sempre cercato il modo di ritagliarsi e conquistarsi il loro ruolo sociale ed identitario.
Non è mai stata facile la vita della donna, in molte culture non lo è ancora oggi.
Oggi, in occasione della festa a noi dedicate, voglio ricostruire due immaginari di donne che appartengono alla cultura meridionale italiana, che ho voluto chiamare provocatoriamente le TARANTATE e le BRIGANTESSE.
Un comune denominatore accomuna le due categorie: spirito di ribellione, spiccata voglia di libertà e di svincolarsi da strutture rigide e ben definite dei loro tempi.
Le donne, ove siano oppresse dalla tremenda violenza delle regole patriarcali, covano ovviamente profondi malesseri, che spesso sfociano in gravi stati di depressione e inerzia, oppure possono esplodere in terribili disperazioni. I maschi di ogni epoca hanno dato la colpa di ciò all’utero, non certo alle alienanti condizioni in cui hanno sempre costretto le loro compagne. Da cui il termine “isteria”, cioè sindrome che viene dall’utero. In epoca vittoriana le donne che si ribellavano emotivamente, o che avevano la forza di esprimere un dissenso, venivano spedite in manicomio dai premurosi mariti e padri, e lì spesso dovevano subire l’asportazione dell’utero.
In questa antica terra le donne seppero trovare una via d’uscita alla pazzia verso cui le spingeva l’oppressione dando vita, fin dal pre-medioevo, al mito delle “tarantolate” (che da lì si estese a tutto il Sud), cioè del pizzico velenoso di un mitico ragno che induceva uno stato di tristezza o di rabbia. Una “sindrome” a cui la saggezza popolare e femminile aveva trovato una cura in un complesso rito incentrato su una musica ritmica e in crescendo che riusciva a ridestare le donne catatoniche, o a incanalarne la furia ribelle, tramite una lunga danza senza remore, veri psicodrammi pieni di visioni e di rappresentazioni catartiche dei propri demoni - che alla fine le lasciava esauste, in un bagno di sudore, finalmente liberate dal “veleno del ragno”.
Il tarantismo manifesta soprattutto uno sfogo di sopravvivenza dai condizionamenti di una società rigidamente patriarcale, che riservava alle donne solo sfruttamento, nella preclusione di ogni libertà e dell’eros.
La donna che si trasforma in ragno, la sfida femminile nei confronti dell’ordine, e del divino usato a scopo repressivo, che libera l’elemento del soprannaturale nella musica e nell’arte.
Poi, con l’allentarsi della morsa dell’oppressione, la pratica originaria è quasi scomparsa: le ultime vere tarantolate che si ricordino risalgono agli anni Sessanta del Novecento. L’eredità culturale e musicale che ne è rimasta è oggi rappresentata dalla “pizzica”.
Spirito ribelle più consapevole, stimolato anche dal ruolo dei compagni di vita e dalla comune necessità di fronteggiare insieme il nemico, caratterizza il personaggio della BRIGANTESSA.
Generalmente, quando si parla di brigantaggio, ci si riferisce solo al periodo storico post unitario. Invece bisogna andare indietro nel tempo, al periodo francese. Furono i Francesi, infatti, ad introdurre in Italia, agli inizi dell’Ottocento il termine brigant, ossia brigante, che sembrò più adatto di bandito, per indicare quelle figure che sembravano prodotte da un incrocio fra i mercenari delle antiche compagnie di ventura ed i criminali comuni.
Nel periodo post unitario (il decennio 1860-70), in cui il fenomeno del brigantaggio identificava i difensori della terra del sud contro l’annessione forzata alla terra di Piemonte, le brigantesse sono passate alla storia perché, guidate dal solo istinto, hanno cercato di difendere la propria dignità di donna, i propri affetti ed il proprio diritto alla sopravvivenza.
Sono stati scritti molti libri sul brigantaggio, pochi parlano delle donne dei briganti. Donne coraggiose condotte, dalla sorte a vivere l’esperienza del brigantaggio meridionale, nell’intento comune di difendere la propria terra diventando eroine, nuove amazzoni. Il brigantaggio femminile è stato un fenomeno psicologicamente autonomo collaterale e distinto rispetto al brigantaggio maschile, anche se, per ovvi motivi, incorporato ad esso una prima ribellione femminista allo stato soggezione atavico e tradizionale della donna delle province meridionali d’Italia.
Le donne dei Briganti, hanno fiutato sin da subito la necessità di unirsi ai propri uomini per difendere la libertà di una terra usurpata dalle proprie ricchezze ed annessa con la forza al regno di Piemonte in nome di un’ unità nazionale che non ha risparmiato sacrifici di vite umane.
Le donne, anche e soprattutto in periodi in cui non potevano rendersi protagoniste di rivoluzioni storiche, politiche ed emozionali, hanno con ancora più coraggio e forza cercato di rivendicare il proprio ruolo nel mondo.
A loro dobbiamo il nostro essere DONNE di oggi, sempre più energiche, autonome, spiriti indipendenti. Donne moderne con la fragilità di ogni epoca, il bisogno di rispetto, stima e di AMORE. In quello siamo rimaste invariate.






                                                                                                                            Fotografie dal web.

sabato 10 ottobre 2015

TARANTO E LA MAGNA GRECIA NEL MUSEO MARrTA


Taranto ha conosciuto il suo periodo di massimo splendore nel periodo della Magna Grecia. 
Fu fondata dagli Spartani nell'VIII secolo a.C. e la cronologia tradizionale assegna la data di fondazione al 706 a.c.
Le fonti tramandate dallo storico Eusebio di Cesarea, parlano del trasferimento di alcuni coloni Spartani in questa zona per necessità di espansione o per questioni commerciali. Questi, distruggendo l'abitato indigeno, portarono una nuova linfa di civiltà e di tradizioni. La struttura sociale della colonia sviluppò nel tempo una vera e propria cultura aristocratica, la cui ricchezza proveniva, probabilmente, dallo sfruttamento delle risorse del fertile territorio circostante, che venne popolato e difeso da una serie di "phrouria", piccoli centri fortificati in posizione strategica.
I reperti di quel fiorente periodo storico, una delle più grandi collezioni di manufatti dell'epoca della Magna Grecia sono conservati nel Museo Nazionale Archeologico di Taranto (MArTA).
I reperti della sezione greco-romana sono sistemati in base alla tipologia dei materiali: sculture in marmo, tombe monumentali, sculture in pietra tenera, ceramiche delle necropoli, oreficerie.
Due sale sono dedicate alle sculture in marmo risalenti all'età ellenistica, tra cui figurano statue realizzate con il marmo bianco proveniente dalle cave dell'Isola di Paros; vi sono poi opere minori, alcune delle quali sono copie di originali famosi.
Un'altra sala espone sculture, mosaici ed epigrafi provenienti da edifici pubblici e privati, tra cui figurano le teste in pietra di carparo risalenti al periodo romano.
Il Museo Nazionale Archeologico di Taranto è fra i più importanti d'Italia e fu istituito nel 1887.
Attualmente è visitabile il primo piano che ospita le collezioni greche, romane e apule, tra cui alcuni degli ori che hanno reso celebre il Museo in tutto il mondo.













venerdì 5 giugno 2015

GRAVINA DI RIGGIO - GROTTAGLIE


Esplorando il nostro territorio, guidati da esperti, possiamo trovare piccoli-grandi tesori nascosti di cui, fino a poco prima, ignoravamo completamente l’esistenza.
Un posto meraviglioso che merita la giusta diffusione è la Gravina di Riggio a Grottaglie.
Un posto nascosto, per trovarlo bisogna avventurarsi in una vera e propria escursione. Guidata dall’Archeologo, il prof. Arcangelo Fornaro, mi sono inoltrata in una passeggiata degna dei miglior documentari. Poco fuori dalla città, in direzione Martina Franca, in un luogo ancora apparentemente incontaminato, inizia il percorso che attraverso sentieri tracciati conduce alla gravina.
Quello che si presenta dinnanzi gli sguardi stupiti è lo straordinario connubio tra natura, storia e arte. Passeggiando con attenzione, indossando calzature adeguate, e facendosi strada lungo i percorsi tra i cespugli, è possibile scorgere subito sulla destra un canyon abbastanza ripido. Se si è abbastanza fortunati e se la traversata viene effettuata subito dopo la stagione delle piogge, si potrà ammirare una cascata di 15 metri alla cui base genera un piccolo laghetto denominato il “caggione” che in passato è servito come deposito d’acqua per le genti che abitavano la gravina.
Sul fronte sinistro, subito dopo il salto iniziale si staglia maestoso, un complesso abitativo pluripiano denominato “Casa fortezza” costituito da un insieme di cavità naturali rimaneggiate dall’uomo, collegate tra loro da un sistema di botole e scale a più livelli ricavate nel banco roccioso calcarenitico. Le gravine, presenti sin dal neolitico, hanno dato rifugio ai primi abitanti preistorici della zona che hanno approfittato della conformazione naturale delle grotte per stabilizzarsi. Gli insediamenti abitativi sono stati presenti fino al medioevo, ne è testimonianza la presenza di scavi nella roccia per costruire spazi ad uso abitativo e il ritrovamento di oggetti portati verso il basso dal flusso d’acqua, riesumati dopo gli scavi e gli studi condotti dal Prof. Arcangelo Fornaro.
Gli affreschi più antichi ritrovati risalgono al decimo secolo (datati in quel periodo perché identici ad alcuni affreschi rinvenuti nella cattedrale di Bari), i meno antichi sono del tredicesimo secolo.
Alla fine del tredicesimo secolo i casali furono abbandonati e sotto la dominazione angioina la popolazione si trasferì nell’attuale Grottaglie.
Gli studi specifici della Gravina di Riggio, sono stati pubblicati dal Prof. Pietro Parenzan a cui la comunità grottagliese ha dedicato una targa posta in prossimità della cascata.
La vegetazione insieme alla cascata e alle pareti della gravina, donano al luogo un aspetto del tutto caratteristico, sembra davvero di essere distanti centinaia di kilometri dalla città, e lontani anni ed anni dai nostri giorni.






martedì 5 maggio 2015

INVASIONI DIGITALI A TARANTO



Giovedì 30 Aprile, la città vecchia di Taranto è stata letteralmente invasa dagli amanti della tecnologia e del digitale. Un folto gruppo di persone ha impugnato le armi del web: smartphone, tablet, macchine digitali e chi più ne ha più ne metta, per fotografare e diffondere sui social network i luoghi di interesse dell’invasione.
Taranto vecchia, il borgo antico della città, abbandonato e sconosciuto ai più, ha regalato tesori nascosti e luoghi di interesse culturale sorprendente. Io ho preso parte all’invasione: ho fotografato quelli scorci nascosti di una Taranto dimenticata, pezzi di storia lasciati a sé stessi come la popolazione che ancora la abita, conservando abitudini e modus vivendi del passato. 
“Invasioni digitali” è un progetto rivolto a diffondere la cultura digitale e l’utilizzo degli open data, formare e sensibilizzare le istituzioni all’utilizzo del web e dei social media per la realizzazione di progetti innovativi rivolti alla co-creazione di valore culturale oltre che alla promozione e diffusione della cultura su tutto lo stivale.
Dopo l’appuntamento in città vecchia, una guida volontaria ha raccontato tutti i segreti, i particolari del borgo antico della città, il borgo dei pescatori: in alcune vie sono ancora presenti le reti e le conchiglie dei pescatori.
Abbiamo visitato un palazzo a tre piani con un ipogeo che giovani artisti hanno deciso di acquistare e ristrutturare per viverci e convivere con le loro mostre artistiche permanenti, portando anche a Taranto il Coworking, uno spazio di collaborazione dove chiunque voglia, può affitare il suo spazio per lavorare e progettare: Coworking Ulmo. Abbiamo visitato il duomo San Cataldo, la chiesa di San Domenico, chiesa e convento di S.Agostino, chiesa di Sant’Andrea degli Armeni, e una miriade di altri luoghi.


Cappellone Chiesa S.Cataldo


Scorcio Taranto vecchia


Mostra artistica ipogeo Ulmo


Duomo S.Domenico


S.Cataldo

venerdì 17 aprile 2015

QUARTIERE DELLE CERAMICHE DI GROTTAGLIE

Un misto di forme e colori attirano lo sguardo appena si percorrono le viuzze costellate da botteghe nel quartiere delle ceramiche di Grottaglie.
Botteghe che hanno il sapore di storia, di arte e di Puglia: un marchio ormai inconfondibile e riconosciuto in tutto il mondo. Il Quartiere delle Ceramiche sorge lungo la Gravina di San Giorgio, ai piedi del medievale Castello Episcopio. La caratteristica che rende unico questo Quartiere, risiede nell’insieme delle numerose botteghe artigiane nelle quali, sin dal Medioevo, si lavora e si produce la ceramica.
Le numerose botteghe sono testimonianza della struttura rupestre del territorio, perché ognuna di loro era scavata nella roccia in alcune delle quali si conservano ancora antiche fornaci; in ciascuna bottega è possibile osservare le diverse fasi di lavorazione dell’oggetto ceramico e, contemporaneamente, acquistare il prodotto finito. 
La tradizione della lavorazione della ceramica parte da tempi lontanissimi: risalgono infatti al medioevo i primi manufatti ritrovati e, salvo qualche intermezzo storico, in cui la città di Grottaglie è stata evacuata, la produzione si è protratta fino ad oggi.
Un posto di rilievo occupa la produzione del cosiddetto Pumo, oggetto portafortuna, simbolo di prosperità che adorna balconi ed abitazioni nel segno della speranza e della buona sorte, oggetto molto richiesto, tanto da essere scelto come bomboniera di matrimonio della figlia del magnate dell’acciaio indiano, Pramod Agarwal, col particolare dello sfarzo: ogni pumo è stato completamente placcato in oro.
Non manca una produzione più contemporanea che segue tendenze più attuali volte a soddisfare un pubblico più ampio.






sabato 11 aprile 2015

MUSEO PERMANENTE: ANTICHI MESTIERI IN BICICLETTA A SAN GIORGIO JONICO

Decine e decine di biciclette, settanta per la precisione, riempiono le aule vuote dell'ex scuola elementare "Nesca" inebriandole di evocazioni storiche. L'esposizione accoglie velocipedi di provenienza diversificata, dall'Italia e non solo, coprendo un arco di tempo che va dai primi del ‘900 sino agli anni ’60, anni in cui il motore sotituisce la fatica delle pedalate.
La vera bellezza di questa mostra non è la semplice esposizione delle biciclette, pezzi unici e ormai introvabili ma, i mestieri che ognuna di loro rendeva possibile: ogni bicicletta è stata allestita con minuziosi accessori che rievocano il mestiere di chi le cavalcava.
L’idea originale è del collezionista Pasquale Tripiedi. In oltre trent’anni di ricerca, il signor Pasquale ha raccolto i più impensabili orpelli ed utensili e, ha pensato bene di proporre al comune di San Giorgio Jonico di allestire una mostra. 
Ecco allora la bicicletta dello straccivendolo, intento ad acquistare a peso i pezzi di stoffa per confezionare i suoi modelli; quella della merceria, un’autentica bottega ambulante dove è possibile riconoscere stoffe, nastri, ditali e bottoni, articoli da regalo come le bambole di ceramica o le confezioni di spazzole per la pulizia e la lucidatura delle calzature. Non mancano le biciclette delle professioni che necessitavano di spostarsi con particolare urgenza: la mammara, la levatrice sempre pronta con i suoi ferri per raggiungere le case delle partorienti, la bicicletta del veterinario, quella del medico condotto che si muoveva per raggiungere gli agglomerati rurali con la sua bicicletta motorizzata, dotata della doppia luce per segnalare la rapidità degli spostamenti. 
Un piacevole ritorno al passato con lo sguardo proiettato verso il futuro.


sabato 28 marzo 2015

COME PROTEGGERCI DALL'INQUINAMENTO CON L'ALIMENTAZIONE


Ciao a tutti,
scusate l'assenza ma adesso speriamo di rimetterci in riga.
Che interazione ci può essere tra le patologie legate all'inquinamento e l'alimentazione?
Qui di seguito posto uno spezzone di intervista che io stesso ho fatto ad Orazio, l'altro admin di questo blog, che continuerà nel link della rivista che lo ha pubblicato
Buona lettura:
Come ormai noto e più volte risentito, Taranto e provincia sono martoriati dal fardello dell’inquinamento ambientale. Augurandoci che gli investimenti per le bonifiche ambientali e l’abbassamento delle emissioni inquinanti portino a breve miglioramenti, ecco di seguito degli accorgimenti e dei consigli per proteggerci con l’alimentazione dai pericoli dell’ambiente.
Un giovane biologo nutrizionista grottagliese, Orazio Motolese, classe 1984, esperto in Biologia alimentare, risponde ad alcuni quesiti consigliando di valutare sempre al meglio ciò che introduciamo nel nostro organismo ed avvalorando la tesi che le patologie esistenti nel nostro territorio non sono soltanto correlate alle emissioni inquinanti ma anche, talvolta, ad uno scarso interesse verso il cibo che scegliamo. Seguendo dei piccoli consigli possiamo aumentare le nostre difese naturali e fronteggiare le aggressioni ambientali nel migliore dei modi.
L'intervista completa la trovate quì.